Se non hai letto la prima parte su come avviene la scelta del doppiatore, clicca qui.
6) Budget. Il doppiaggio è arte, ma è anche un business. Io vorrei Giancarlo Giannini, dico sul serio, su tutti i personaggi oppure un altro doppiatore di grande talento, che mi chiede però un cachet superiore, alle volte molto superiore, alla normativa e questo progetto magari non ha il budget sufficiente. Perciò, a malincuore, dovrò pensare a un altro doppiatore, che costa meno per la produzione, pur rimanendo sempre nella normativa.
7) Disponibilità di tempo. Ci sono due doppiatori che andrebbero bene per doppiare quel personaggio, uno però è impegnatissimo in un tour teatrale, al cinema, in TV, oppure ha tantissimi altri personaggi in giro per gli studi di doppiaggio.
L’altro, invece, è libero. Chi credete che chiami? Quello più libero! Ovviamente la premessa è che vadano bene entrambi per quel personaggio.
8 a) (Questo è un punto un po’ lungo e articolato, quindi magari ne farò un articolo a parte) Popolarità. Lo tratto velocemente, è il talent voluto dalla produzione, non è bravo a recitare, ma la sua presenza nel cast del doppiaggio è una questione semplicemente di marketing, quindi ce lo teniamo.
8 b) Popolarità. Un doppiatore o una doppiatrice che ha tantissimi fan, magari sui social, riesce a imporre la sua presenza in un prodotto perché la produzione dà peso a questi fan che gridano a gran voce la presenza del loro beniamino/a all’interno di questa nuova produzione.
Magari non c’è tutta questa pressione dei fan verso la produzione o verso lo studio di doppiaggio, ma il direttore di doppiaggio vorrebbe prendere di rimbalzo un po’ di questa notorietà di cui gode questo doppiatore o doppiatrice vip famosa sui social e quindi avere un po’ di luce. Oppure semplicemente vuole che i prodotti che sta dirigendo vengano messi un po’ più in evidenza, è un po’ una questione di vanità.
La vanità è decisamente il mio peccato preferito
9) Parliamo di cose serie. Capacità recitativa. Come al solito, prendiamo l’esempio di due attori con voce simili, ma con una capacità recitativa diversa. Quindi uno sa andare più in profondità, sa accogliere la recitazione che è proposta da questo prodotto, mentre l’altro no.
Stiamo parlando non solo di qualità vocale, ma proprio di recitazione.
Questa, ad esempio, è la corretta convinzione che ci ha insegnato il maestro Maldesi. Attenzione, però, perché c’è un problema. Spesso questa corretta metodologia ha un difetto. Chi decide? Il direttore stesso, ovviamente, ma il direttore degli studi di doppiaggio deve avere la capacità recitativa e sensibilità per poter scegliere, per poter valutare la recitazione di quei doppiatori.
Se non ce l’ha il direttore stesso, allora stiamo parlando solo di qualità vuote, nel migliore dei casi. Nel peggiore dei casi, usi questa cosa come scusa e, alla fine, userai uno degli altri punti che ti sto proponendo in questo articolo e in quello precedente, per giustificare le tue scelte. E poi non se tu, il direttore, che dovresti tirar fuori anche un po’ di recitazione da quel poveretto, da quella poveretta al leggio?
Ok, in alcuni casi è troppo difficile: dalle rape non esce il sangue, però, questo è un nobile e corretto motivo, ma deve essere usato e valutato dalle persone che hanno davvero una determinata competenza.
10) Similitudine di sentimenti. Questo punto mi piace moltissimo e quando un direttore ti chiama e ti dice: “Guarda, ti ho affidato questo personaggio perché ha la tua stessa sensibilità, i tuoi sentimenti, si comporta come te”.
Capirai che se una persona è più attratta dalla malinconia, oppure dalla collera, oppure dalla sensibilità e dalla dolcezza, beh avrà gioco facile poter interpretare un personaggio che ha già quelle caratteristiche e quindi anche la recitazione sarà decisamente avvantaggiata se questa caratteristica fa già parte della tua indole.
Peccato che me l’avessero detto per uno psicopatico serial killer, però…
11) Diversity e lgbtq+. Cosa vuol dire? Affidare un personaggio di colore a un doppiatore di colore, ad esempio, affidare un personaggio trans a un doppiatore o una doppiatrice trans.
Questo punto di valutazione, secondo me, va benissimo se può includere anche i punti che ho elencato sopra. Cioè tra due doppiatori di colore, quali scelgo? Quello con una voce più simile, con delle caratteristiche fisiche simili, con capacità recitativa! Se, invece, non sa recitare e non sa recitare al microfono? Se l’abbinamento diversity lgbtq+ è l’unico criterio, allora viene un po’ mancare tutto ciò che è il doppiaggio, cioè il gioco del doppiaggio, la struttura del doppiaggio.
L’ideale sarebbe: “Caspita, quale voce trans scelgo? C’è quella più chiara, c’è quella più scura, c’è quello che mi sa cogliere questa recitazione particolare… L’altro, invece, è un po’ più leggero… Insomma, è questo il punto a cui dovremmo arrivare.
12) (Lo so, dico ogni tanto cose scomode) Comodità e simpatia. Questo, ovviamente, riguarda soprattutto i personaggi più piccoli, secondari, di puntata. Se ti vedo passare nei corridoi degli studi di doppiaggio, o se ti conosco, oppure so che sei in zona, probabilmente mi verrà in mente durante la distribuzione.
E simpatia cosa vuol dire? Vuol dire che se mi stai antipatico, se sei una persona piantagrane, che si lamenta sempre, che ha sempre qualcosa da ridire, che rompe le scatole, mentre l’altro doppia sempre senza dare problemi, a parità di bravura, so che è una persona che mi sta simpatica, con cui lavoro bene, se devo scegliere con chi lavorare, a parità di bravura, scelgo quello con cui sto bene.
E tu, Cagnone Maledetto, ti sei ritrovato per la tua esperienza negli studi di doppiaggio o hai qualche altro punto che vorresti a aggiungere a questo elenco?