Il doppiaggio è un’insieme di talento, accuratezza, passione… insomma per venirne a capo non ci si può improvvisare, ci vuole un piano d’azione! Una strategia ben pianificata nel tempo, anzi sarebbe meglio parlare di addestramento!
Allora, inquadriamo la situazione. Non sono uno che normalmente se la tira, anzi la mia autocritica di secondo nome fa “Attila” ma per qualche ora, perlomeno, mi compiaccio delle cose che mi sono venute bene, anche nel doppiaggio.
E questo è il caso di un documentario che mi è capitato di speakerare, un doppiaggio piuttosto complicato dal punto di vista del ritmo, delle parole (anzi chiamiamoli pure scioglilingua) e del contenuto da comunicare
Bene, risultato della mi a modesta prestazione attoriale e della registrazione:
più che soddisfacente,
infatti sono riuscito a coprire e a “beccare” dei labiali importanti, cogliendo sfumature non richieste, facendo far la gincana alla mia lingua tra una parola e l’altra ecc ecc.
Insomma ero soddifatto di questo piccolo artefatto del doppiaggio.
Ribadisco, nulla di trascendentale, Orson Welles è un altro paio di maniche
E il direttore di doppiaggio, invece cosa dice:
“Che culo!”
Come che culo?! Allora sorrido simpaticamente e sottolineo che è professionalità, bravura.
Allora ho iniziato a pensare che dopotutto non mi dispiace che la gente mi dica che è questione “di culo”!
Ovviamente sottointendendo il lato fortunato della prestazione, non il mio fondoschiena! (scusa la brutta immagine 😉 )
Perché pur nel loro errore, queste persone, questi colleghi, questi direttori di doppiaggio, non capiscono che in effetti si tratta di culo… ma quello che mi sono fatto giorno dopo giorno, con umiltà e perseveranza. Esercizi di articolazione, studio, seminari, impegno, ore passate al microfono criticandomi ecc ecc…
E come diceva il pianificatore di successi e vittorie per eccellenza:
“Adoro i piani piani ben riusciti”
Hannibal Smith